La Sicilia di Leonardo Sciascia

Lo scrittore Leonardo Sciascia, intervistato dalla giornalista Marcelle Padovani, spiegava le origini arabe del suo cognome, che fin al 1860, veniva segnato sui registri dell’Anagrafe, come Xaxa, che allora veniva letto Sciascia. Della sua vita lo scrittore affermava :”Così è la vita, la tua e la mia, un sogno fatto in Sicilia” e inoltre, “incredibile è l’Italia e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia”. Nella raccolta La Sicilia, il suo cuore(1952), Sciascia dimostra che la Sicilia è un modo di essere, uno stato d’animo. Il suo amico Renato Guttuso, famoso pittore, dichiarava: “Anche se dipingo una mela, c’è la Sicilia”. La vita di Leonardo Sciascia a Racalmuto, dove era nato nel 1921, trascorreva serenamente, seguito dalle zie , maestre elementari. Ben presto iniziò ad amare la lettura e lo studio, sollecitato da viva curiosità intellettuale e dal desiderio di conoscere e di sapere. Alunno di Vitaliano Brancati, trovò un impiego al Demanio comunale, poi insegnò nella scuola elementare fino al 1957, quando decise di dedicarsi al giornalismo, al romanzo, alla saggistica. Amante dei viaggi, della letteratura francese e americana, negli anni ’50 pubblicò le sue poesie in Francia, poiché in Italia l’autore non venne capito e apprezzato. Nel romanzo Le parrocchie di Regalpetra del 1956, Sciascia racconta della sua vita, delle tradizioni, delle feste religiose, della situazione siciliana in quegli anni, della mentalità diffusa, temi che troviamo in tutti gli altri libri, in particolare ne Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Gli zii di Sicilia, per citarne solo alcuni. Il suo stile è limpido, geniale, pervaso di malinconia e di umorismo, e alla maniera di Borges, colmo di tensione, incline a riflessioni filosofiche e pessimistiche. I romanzi di Sciascia sono simili ai gialli, ma senza una lieta conclusione, perché l’autore descrive la realtà e la malvagità dei potenti, con distacco illuministico, crede profondamente nella giustizia, nella ragione, nella verità e di conseguenza sottolinea le contraddizioni della Sicilia e dell’umanità tutta con ironia e con lucidità, che derivano da una sorta di malinconia soffusa e mai dichiarata. La Sicilia del nostro autore guarda se stessa in uno specchio e vede in esso la sua realtà, amara e piena di contraddizioni, ma ricca di una natura che trasmette bellezza e armonia.

Come Chagall, vorrei cogliere questa terra
dentro l’immobile occhio del bue.
Non un lento carosello di immagini,
una raggiera di nostalgie: soltanto
queste nuvole accagliate,
i corvi che discendono lenti
e le stoppie bruciate, i radi alberi
che s’incidono come filigrane.
Un miope specchio di pena, un greve destino
di piogge: tanto lontana è l’estate
che qui distese la sua calda nudità
squamosa di luce – e tanto diverso
l’annuncio dell’autunno,
senza le voci della vendemmia.
Il silenzio è vorace sulle cose.
S’incrina, se il flauto di canna
tenta vena di suono e una fonda paura dirama.
Gli antichi a questa luce non risero,
strozzata dalle nuvole, che geme
sui prati stenti, sui greti aspri,
nell’occhio melmoso delle fonti;
le ninfe inseguite
qui non si nascosero agli dei gli alberi
non nutrirono frutti agli eroi.
Qui la Sicilia ascolta la sua vita.

Leonardo Sciascia (La Sicilia, il suo cuore 1952)

Pubblicato da

Nella Cusumano

Amo scrivere poesie e racconti, a parte le ricette antiche della cucina siciliana che amo in particolare perché sono sempre vissuta qui e nata per caso nel Friuli.

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