21 marzo – giornata della poesia

La conferenza dell’Unesco, nel 1999, istituiva e indicava il 21 marzo come Giornata della poesia “per riconoscere all’espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturale, della diversità linguistica e culturale, della comunicazione e della pace”. Lo stesso giorno nasceva una voce originale e unica nel quadro della poesia del Novecento, Alda Merini, che ai giorni nostri, avrebbe compiuto 91 anni. Così scriveva la nostra poetessa: “Sono nata il ventuno a primavera/ ma non sapevo che nascere folle, /aprire le zolle potesse scatenar / tempesta. Così Proserpina lieve vede piovere / sulle erbe, sui grossi frumenti gentili e piange sempre la sera. Forse è la sua preghiera.” La vicenda umana della Merini è nota a molti dei miei lettori, anche ai più giovani, che nonostante tutto, amano la poesia. Nel nostro mondo, da settimane, si è scatenata una guerra inattesa e orribile per la distruzione di ospedali, scuole e abitazioni, con assoluto disprezzo dei valori e dei diritti fondamentali per la vita dell’umanità. Si è verificata la uccisione di moltissimi bambini innocenti, a parte la fuga di un popolo straziato verso altre nazioni. I poeti hanno sempre cantato la bellezza, la gioia , la tristezza, la delusione e il rimpianto, sentimenti umani che appartengono a ogni individuo, senza distinzione di razza o di religione. Il termine poesia deriva dal latino poesis ( produrre, comporre) e dal greco antico poiein (creare, fare) è una ricerca di emozioni che i poeti ritrovano nel profondo del loro animo, nella contemplazione della Natura, nella comunicazione degli affetti, della Fede in Dio. Scrivere poesie è di certo un voler raccontare per raccontarsi, un voler attingere al proprio vissuto, agli avvenimenti più significativi, ai momenti più importanti e incancellabili della nostra breve esistenza. Il poeta Joseph Brodskij, russo e naturalizzato statunitense, premio Nobel per la letteratura nel 1987, definisce la poesia “figlia dell’epitaffio e dell’epigramma, concepita per arrivare subito al cuore”. Molti i poeti, vivono ancora presenti nella nostra memoria, molti versi del sommo poeta Dante ritornano nel nostro conversare, a significare che la poesia è parte della nostra vita, rinfranca il nostro animo e illumina la nostra mente.

Il 21 marzo è stato indicato e celebrato soltanto come giornata del ricordo delle vittime del Covid 19, dimenticando che gli eventi realizzati in molte città italiane, hanno offerto possibilità di letture, visita dei parchi letterari, delle case-museo, delle mostre e altro.

17 marzo – giornata dell’unità nazionale, dell’inno e della bandiera

A seguito della prima e della seconda guerra d’indipendenza e della spedizione dei Mille di Garibaldi, il parlamento del Regno di Sardegna, a Torino, il 17 marzo del 1861, proclamò Vittorio Emanuele II Re del Regno d’Italia. La proclamazione ufficiale avvenne con la promulgazione della legge n.4671 (articolo unico) che affidava il nuovo Regno al Re e ai suoi successori . L’Italia unita mancava di alcuni territori importanti come il Veneto, ancora sotto il dominio austriaco e lo Stato pontificio, contrario all’annessione al Regno. Solo nel 1866 e nel 1871 i due territori vennero liberati e annessi al Regno d’Italia, mentre avverrà anni dopo, il 4 novembre del 1918, la liberazione di Trento e Trieste. Nel sito del governo, si legge il nome dato alla ricorrenza, includendo l’inno nazionale e la nascita della bandiera. L’Italia dal 1861 al 1946 fu una monarchia costituzionale, basata sullo Statuto albertino in vigore dal 1848, quando fu concesso da Carlo Alberto di Savoia ai sudditi del Regno di Sardegna, prima di abdicare per andare in esilio. Il re esercitava i tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, non sempre in modo assoluto. Nel 1946, con il Referendum del 2 e 3 giugno, l’Italia divenne una repubblica parlamentare, in seguito sostenuta da una assemblea costituente, incaricata di redigere una legge suprema, la Costituzione, per un nuovo assetto della nostra democrazia nascente.

Nel 1847, in un periodo ricco di fermenti e di amor patrio Goffredo Mameli, studente e patriota ventenne, aveva scritto il Canto degli Italiani, musicato a Torino da Michele Novaro e adottato dall’Italia repubblicana nel 1946 come Inno di Mameli, che ascoltiamo spesso durante le celebrazioni e le ricorrenze più importanti. La nostra bandiera nasce nel 1796, come bandiera militare che distingueva il contingente italiano durante la campagna italiana di Napoleone. Un decreto presidenziale della nostra repubblica stabiliva la foggia della nuova bandiera, a tre fasce di eguale dimensione, di colore verde, bianco e rosso e l’assemblea costituente la inseriva all’art.12 della Carta costituzionale. Fra le righe dell’Inno di Mameli, sottolineo le parole “perché non siam popolo, perché siam divisi” molto attuali se riferite ai nostri governanti, pronti a creare gruppi e ad alimentare beghe e litigi in piena seduta del Parlamento, a dispensare promesse fondate su menzogne e altro che non sto a scrivere. Di certo, la situazione attuale è difficile per varie ragioni, dal Covid che imperversa da due anni, alla guerra che ha scatenato l a Russia infierendo contro l’Ucraina in modo cruento e deleterio. Spero che i negoziati di cui si parla tanto sortiscano qualche spiraglio di soluzione e di blocco delle operazioni militari.