Almanacchi, almanacchi nuovi

Così risuonava nell’aria di una giornata fredda, forse il 31 dicembre di un anno che non conosciamo, la voce di un venditore di almanacchi o lunari nuovi, come venivano chiamati i calendari del tempo in cui visse Giacomo Leopardi. Il poeta, autore delle Operette morali (1827), nel Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, narra di un passante e di un tale che vende calendari e ripete ripetute volte e a gran voce: “Almanacchi nuovi, lunari nuovi“. Il passante pone diverse domande al venditore, gli chiede se ricorda qualche anno felice del suo passato, se vuole rifare la vita di prima, tornando indietro nel tempo, ma il passante risponde: “Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti”. Al che il passante chiede: “Una vita a caso?” Appunto, risponde il venditore. Il passante afferma:” è segno che il caso, fino a tutto questo anno, ha trattato tutti male…..e più il male che il bene si è verificato, al punto che “nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita che è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce, non la vita passata ma la futura”. Ricordo che nello Zibaldone, il poeta aveva scritto così: “ci contentiamo e anche desideriamo di vivere ancora…per l’ignoranza del futuro e per l’illusione della speranza, senza la quale illusione o speranza non vorremmo più vivere nel modo che siamo vissuti”(1 luglio 1827). Le parole del poeta sanno di profonda verità e attualità per tutti noi, che abbiamo attraversato il 2020 con la paura e la minaccia di un nemico invisibile, malefico e inaspettato. Ci sentiamo fino ad oggi schiavi del timore che serpeggia intorno a noi e dentro di noi, desiderosi di una vita normale, di speranza per i giovani e per le fasce più deboli di questa nostra epoca, ricca di tutto e di niente, progredita per la tecnologia imperante, ma necessaria, desiderosa di riscoprire il senso della vita e del vero benessere.